Lombok, 7:30 del mattino, agosto 2015
Questo è uno degli scatti di cui vado più fiero, e cattura l’essenza di uno dei ricordi più esaltanti della mio viaggio in Indonesia. Correre giù dalla cima di un vulcano di un’isola tropicale, immerso nella luce dorata del mattino, al termine di una faticosa camminata notturna, è decisamente una di quelle esperienze che si ricordano per resto della vita.
Mi trovavo sul Gunung Rinjani, un massiccio vulcano sovrastante l’isola di Lombok, che con suoi 3726 metri di altezza detiene il primato della seconda montagna più alta dell’Indonesia. Ai suoi piedi, il lago Segara Anak, il figlio del mare, è tutto quello che rimane del Gunung Samalas, una enorme montagna di 4200 metri esplosa circa 800 anni fa. Secondo alcuni studi, l’esplosione del Gunung Samalas è stata la più potente eruzione vulcanica degli ultimi 6000 anni, e ci sono prove che i detriti sollevati dall’esplosione siano stati uno dei fattori scatenanti della piccola era glaciale, alla fine del 1200.
Il panorama della caldera è in continua evoluzione. All’interno del lago, il cono del Gunung Baru Jari, è stato il protagonista delle eruzioni degli ultimi due secoli. Attività come quelle del 1994 e 1995 hanno ingrandito la base del cono, fino a collegarlo con la caldera; l’ultima eruzione è stata nell’ottobre del 2015, solo un paio di mesi dopo la mia visita.
Nonostante la continua attività vulcanica, dal 1997 il bacino del Rinjani è stato dichiarato parco nazionale, e ogni anno attira migliaia di escursionisti da tutto il mondo. La caldera e il vulcano non sono l’unica attrattiva del posto; la foresta tropicale e l’alta montagna generano un microclima che favorisce la formazione di nuvole basse.
A livello del lago, banchi di nuvole scorrono lentamente lungo la superficie dell’acqua e, come in un gioco seducente, ora coprono e ora scoprono spettacolari scorci, creando un’atmosfera misteriosa e suggestiva. La vista dal bordo della caldera è ancora migliore, si cammina sopra la copertura di nuvole, e l’assenza di punti di riferimento dà l’impressione di trovarsi su un isola deserta sospesa nel nulla.
Il giro della caldera può essere completato in 3 giorni, ma richiede un buon allenamento, si cammina per almeno 8-10 ore su ripidi sentieri. La parte più impegnativa è la salita alla cima del vulcano, si parte alle tre del mattino e si sale per 1100 metri nella cenere vulcanica, due passi avanti e uno indietro, due passi avanti e uno indietro. La cenere non offre un terreno solido, e raddoppia gli sforzi, mi entra nelle scarpe, e sono costretto a fermarmi ogni 10 minuti per svuotarle. Si respira a fatica, sia per la quota, che per la mascherina che indossiamo per proteggerci dalle polveri sottili. Non conta, la cenere mischiata al sudore mi si appicca addosso e lascia un sapore strano in bocca. Temo che la polvere danneggi la macchina fotografica, ma non riesco resistere, e scatto in continuazione.
Non ci si può comunque lamentare. Per quanto impegnativo, per i turisti questa esperienza rimane sempre una passaggiata: ho fatto l’intero trekking con uno zaino da 40 litri, mentre tende, materassini gonfiabili, cibo e acqua sono portati a spalla da una squadra di portatori. Infaticabili, giorno dopo giorno queste persone trasportano a mano 40 kg di attrezzatura, cucinano per noi e ci montano le tende. Pur camminando scalzi o in infradito, sono più veloci di noi, e ci scostiamo in continuazione per farli passare.
Per 8 mesi all’anno, portatori e guide bivaccano coi turisti, prendendosi una pausa ogni 10 giorni.
Alcuni di loro sono molto giovani, 15-16 anni al massimo. Nonostante la fatica, il mestiere non e’ così brutto come sembra, il settore del turismo è in pieno boom, e dopo un paio d’anni d’esperienza, i portatori con una minima conoscenza dell’inglese possono diventare guide. Rudy, il proprietario della nostra agenzia ha iniziato 15 anni fa trasportando tende e pentole; oggi è proprietario di un hotel e di un battello privato, e la sua attività offre lavoro a una ventina di dipendenti. Chissà, magari uno di loro, seguirà lo stesso cammino.
Andrea Cavallini