Riflessioni sul Magico Carnevale di San Felice sul Panaro

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Domenica scorsa sono stato per la prima volta al “Magico Carnevale” di San Felice sul Panaro. Nato nel 2003 parallelamente al tradizionale carnevale come concorso fotografico organizzato dal locale circolo; “Magico” è diretto ogni anno da un regista differente e coinvolge gli abitanti del paese modenese in una raffigurazione in costume tra le vie della città. Il tema dell’edizione di quest’anno era l’impressionismo e i figuranti ritraevano personaggi di quell’epoca, frequentemente rappresentati nei dipinti.

La mia predisposizione assolutamente positiva è stata tuttavia cancellata appena iniziato lo spettacolo. Il “Magico Carnevale” si è rivelato fin da subito una rappresentazione ad uso e consumo dei fotografi, ben poco contestualizzato nel paese e non affiancato da un’atmosfera di festa. I figuranti posavano in set precostruiti mentre i fotografi si accalcavano per ritrarli, spesso spingendo, insultando o ponendosi in maniera molto aggressiva verso i figuranti stessi.

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Ho scattato diverse foto, non ho l’ipocrisia di affermare che i costumi non fossero attraenti anzi, tutta la mia stima va verso chi ha creato gli abiti e agli abitanti di San Felice sul Panaro che hanno imparato a recitare, coinvolgendo persone di tutte le età, senza distinzione di ceto o professione.

Tuttavia mi chiedo: è fare fotografia scattare ad una manifestazione di questo tipo? Ritrarre in set prestabiliti senza alcun coinvolgimento ed empatia tra fotografo e soggetto non mi ha trasmesso alcuna emozione ne credo abbia contribuito a migliorare le mie doti tecniche. Al momento dell’uscita dei figuranti nella piazza antistante alla Rocca Estense, gravemente danneggiata dal terremoto, centinaia di fotografi hanno iniziato a scattare con potenti teleobbiettivi insultando spesso il proprio vicino. Esagerando un po’, ho provato lo stesso imbarazzo allo zoo o in un grande acquario. In questi luoghi la distanza fisica tra fotografo e soggetto è minima a scapito di un’enorme distanza empatica. Non si ha la sensazione di essere coinvolti nell’ambiente, la grata della gabbia o il sottile plexiglas della vasca separano due mondi (uno dei quali ricostruito), distanti solo pochi centimetri.  L’immagine  prodotta in questi set è ridotta a mero oggetto feticistico; ottenuta con minimo sforzo tecnico e creativo e assolutamente senza alcun coinvolgimento e impegno emotivo. Nella fotografia di reportage, in particolare in quella “di strada”, per realizzare un buon ritratto si deve stabilire un contatto emotivo, dare una parte di se, che può essere anche solo un sorriso al soggetto, perché questo sia della giusta predisposizione per ottenere una buona foto. In un contesto come quello del “Magico” non ho mai sentito ringraziare un figurante anzi, le bestemmie volavano quando una ballerina stanca cambiava la posa.

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Voglio comunque sottolineare gli aspetti positivi nel Magico Carnevale si San Felice, uno di questi è il coinvolgimento degli abitanti, tra cui persone con disagi sociali e diversamente abili che hanno dovuto imparare le basi della recitazione, il lavoro incredibile di sarti e truccatori e, infine, la volontà di mantenere vivo il tessuto sociale di un paese gravemente danneggiato dal terremoto emiliano.

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2 pensieri riguardo “Riflessioni sul Magico Carnevale di San Felice sul Panaro

  1. Solo una precisazione! Il Magico non cambia ogni anno regista! La manifestazione è nata molti anni fa per merito del fotografo Mario Lasalandra che ha avuto per primo l’idea di questa insolita messa in scena; quest’anno ha raccolto la sua eredità il regista Marco Rebecchi. Grazie per la bella foto!
    Ciao!

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